Giovedì, 4 luglio 2013: terminata la camminata verso Santiago de Compostela, ci si concede un po’ di vacanza. Qui sono a 5 km da Braga (Portogallo), dove c’è il santuario Bom Jesus do Monte che si erge in cima a una monumentale scalinata barocca. La scalinata, a doppia rampa, presenta alla base due colonne intorno alle quali è avvolto un serpente; l’acqua fuoriesce dalla bocca del rettile e cola a spirale intorno al suo corpo. Sopra la fontana delle Cinque Piaghe, l’acqua zampilla dai cinque bisanti che appaiono nello stemma del Portogallo, ogni piano di sosta è adorno di fontane allegoriche che illustrano i cinque sensi. A seconda del senso illustrato, l’acqua zampilla dagli occhi (vista), dalle orecchie (udito), dal naso (olfatto) e dalla bocca (gusto). Il tatto è rappresentato da un personaggio che tiene nelle mani una brocca da cui sgorga l’acqua. Va detto che dall’ingresso al santuario ci sono in totale 577 scalini da percorrere, di cui 450 sono della pura scalinata che sale a zig zag. Chi non volesse salire lungo la faticosa scalinata, può servirsi di una funicolare… ma sarebbe un peccato. Il viaggio è durato dal 18 giugno all’8 luglio 2013, mentre del puro Cammino sinteticamente dico che abbiamo percorso 224 km distribuiti in dieci tappe, il resto è stata vacanza… soprattutto in Portogallo. Sulla via del ritorno, a Cammino concluso, abbiamo pertanto visitato Finisterre, Porto (solo intravista all’andata) Braga (già citata qui sopra), Coimbra e Lisbona. A livello concreto, il puro Cammino è iniziato il 21 giugno ed è finito nella bella Santiago de Compostela domenica 30 giugno.

domenica 1 ottobre 2023

Intervista

V’invito, per curiosità, a vedere e a leggere questa lunga e colorita intervista che mi è stata fatta (pubblicata domenica 1° ottobre 2023 sul quotidiano online “Green Planet News”). È scritta dal suo Direttore, Daniele Del Moro, e richiede ben 58 minuti di lettura. Ecco il link, su cui cliccare: 

https://www.greenplanetnews.it/giorgio-caeran-il-mondo-raccontato-da-un-vespista-leggendario/?fbclid=IwAR3M3Ndip5pT-kigvYfCboM-IisYscbXZlcqj81KOPhplSNCE4j9ubudEEI

Se si fa scorrere fino in fondo, al termine dell’intervista ci sono due link di color verde: cliccandoci sopra si accede a dei Blog in tema.

domenica 29 gennaio 2023

Nei viaggi è consigliabile

portarsi un cane?

Mai dire mai… dice un vecchio adagio. Chi l’avrebbe detto che, adesso ultrasettantenne, io abbia un cane? Ebbene, sì. Dal 29 dicembre 2022 ho Penny, un misto tra yorkshire terrier e bastardina, che ha sette anni (essendo nata il 20 novembre 2015): viene da Edolo, in alta Valcamonica, da parte di una signora ottantottenne del posto che non se l’è sentita più di accudirla. Pertanto l’ha voluta Marika, ed io mi sono adeguato nonostante il mio dissenso. È ovvio che poi io mi sia affezionato a lei, e le voglia un gran bene: mi è anche assai simpatica  Di yorkshire terrier c’è il 60%, così mi è stato detto perché io non ci capisco niente sull’argomento, e la caratteristica è che non perde il pelo, sa stare da sola in casa senza dare fastidio al vicinato e pesa appena sette chilogrammi. Tutto positivo, quindi? Mah, nel mio appartamento già si è sommersi da un’infinità di piante (che in estate ci obbliga di tornare a turno dall’Abruzzo per innaffiarle) e poi adesso c’è anche il cane. Sul tornare a Milano per le piante ora non si può più ricorrere alla turnazione: capiterà sempre a me tornare, perché Penny riconosce Marika come capo branco e quindi è preferibile che loro non si stacchino. A me gli animali piacciono ma negli spazi giusti, non in un condominio. Anche se questa è proprio una cagnolina da appartamento e il suo colore ocra è simile alla mia pavimentazione… perciò si mimetizza in maniera incredibile: spero di non schiacciarla involontariamente. Se fosse la classica razza yorkshire terrier non ci sarebbe stata nessuna discussione, non accettandola proprio. Siccome non mi piacciono le persone fighette non mi piacciono neanche i cani fighetti e piuttosto tifo per i bastardini (o meticci, come dir si voglia): ovviamente parlo di fighetti non nel senso sessuale, bensì come riferimento furbesco e snob di chi se la tira. La cagnetta si comporta bene, è una gran coccolona, ma non le piace fare le scampagnate nel grande e bel parco vicino a casa: la cosa mi sorprende perché non me l’aspettavo e forse è l’unico cane che non gradisca uscire di casa. Per giunta la cagnolina ha paura di tutto ed è terrorizzata dal rumore dei petardi, al punto di scappare velocissima senza capire più niente con il rischio di attraversare la strada ed essere investita da un veicolo.

Meno male che la cagnolina non l’ho avuta prima, altrimenti col cavolo avrei fatto i miei viaggi! Io penso che il cane sia un impegno non indifferente e limiti assai la propria libertà di muoversi. O il cane, o i viaggi… oppure trovare chi lo accudisce per uno o più mesi consecutivi: una cosa esclude l’altra. E, dovendo scegliere, non avrei mai sacrificato un bel viaggio per un cane: se considero che pur di viaggiare ero disposto a licenziarmi dai posti di lavoro, nessun cane mi avrebbe fermato. Giammai. Adesso ho l’età giusta per avere anch’io un cane: d’altronde non siamo tutti uguali. C’è chi mi dice che si può viaggiare pure con un animale; può darsi, ma dipende da quali viaggi: sulla Vespa, per esempio, dove l’avrei messo? Oppure quando ho attraversato il Sahara, o in certe zone dell’India, o in alcuni territori dell’Africa subsahariana, o nelle Ande, o nella Patagonia? Inattuabile. È ovvio che in Europa e nei luoghi turistici internazionali la musica cambia, ma soltanto lì. Non credo che nell’affrontare certi viaggi tosti sia semplice portarsi un cane. In alcuni posti avevo difficoltà a procurami da mangiare, figurarsi se avessi dovuto provvedere anche a un animale quando ero già in difficoltà io. L’animale va bene per una vacanza, ma non per i viaggi che durano tanto: non ho mai conosciuto nessuno che abbia fatto viaggi avventurosi, con un cane al seguito.

E con una Vespa sidecar apposta per il cane? È romantico pensarlo, ma niente affatto concreto. Il mio viaggio verso l’India, durato 11 mesi, è nato perché amavo l’idea di farlo su una due ruote… non su una tre o quattro ruote: non è la stessa cosa. E poi c’è un’altra questione: ero partito in Vespa non perché volevo usare quel modello, ma perché già ce l’avevo e per di più era lo stesso mezzo con cui ero andato l’anno prima a Capo Nord. Inoltre ero partito con una Vespa neanche nuova, ma addirittura accidentata. Insomma, io ho sempre adottato il concetto se la coperta è corta ci si adegua. Nei miei viaggi un animale al seguito sarebbe stato un impedimento, perché una cosa è fare una gita di uno o più giorni, magari sulle strade sterrate, ben altra cosa è fare viaggi lunghi senza sapere dove si pernotti la notte, senza un minimo di programmazione… come facevo spesso. Il cane, volendo, avrei potuto portarlo in vacanza nel 2019 in Portogallo, quando ci ero ritornato stavolta con mia moglie. Quella era una vacanza, non un viaggio, e il cane non sarebbe stato un impiccio. Ma solo lì, non negli altri viaggi. Bisogna distinguere tra vacanza e viaggio.

Un’ultima cosa: corre voce che lavere un cane si diventi una persona migliore, ma non sono d’accordo. Chi in strada o nei parchi raccoglie gli escrementi del proprio mammifero domestico a quattro zampe era una bella persona anche prima di averlo, mentre chi non lo fa era stronzo (o stronza) già di suo. E che dire di chi fa tagliare la coda al proprio cane: questa sarebbe una persona migliore? Non penso proprio, tutt’altro. Morale: l’avere un canis lupus familiaris né migliora né peggiora la gente, tutt’al più chi ce l’ha può essere gratificato da una lieta compagnia. Null’altro, o meglio: resta l’enorme affetto (ricambiato) verso il proprio cane, al punto tale che per parecchie persone è una cosa imprescindibile… al di là di tutto. Un discorso a sé merita chi vive da solo e che riversa l’amore pieno soltanto per il suo cane, anziché rivolgerlo a qualsiasi altro essere umano: e qui si potrebbe aprire una viva argomentazione, sul perché di questi comportamenti, sul perché si riversa un amore incondizionato al proprio “figlio peloso”. In definitiva, pur non migliorando il modo di essere può darsi che a un bel po’ di persone il cane faccia bene al proprio umore. Ma non è detto che sia valido per tutti e può anche darsi che per alcuni l’avere un cane possa diventare un alibi, una scusa per ritenersi impossibilitati a fare altre cose: non è un’alternativa così rara… tutt’altro. Come per esempio non andare in vacanza in aereo, giacché può essere complicato portarsi il cane; oppure non poter visitare i musei, considerando che lì quasi ovunque sia vietato l’accesso ai cani. È legittimo che sia così, perché è bene che ciascuno abbia le sue priorità: l’importante, però, è che non si usino poi come scusanti per non poter soddisfare altri eventuali interessi… altri interessi che a quanto pare non si ritengono granché presenti. Per l’intera mia vita le priorità, per esempio, sono stati i viaggi non di certo il cane. Ma conosco chi, giustamente, abbia tale ordine invertito. La vita è come una camicia, ognuno ha la sua taglia e non ha senso volersi mettere per forza la camicia di un altro: c’è chi ama viaggiare e chi no. Punto.

sabato 28 gennaio 2023

Difendiamoci dal populismo

Mi si permetta un pensiero sul Coronavirus (Covid 19), che dal 2020 ci ha combinato tantissimi guai, al punto che addirittura certuni hanno detto che sia stato peggiore di un terremoto o di una guerra. Stiamo attenti con le parole perché una pandemia, nonostante tutto il suo lato drammatico, non può mai essere più penosa e tragica di una guerra o di un cataclisma devastante: e neppure assimilata. Chi sostiene quest’assurdità mette in discussione l’intelletto umano, già solo per il fatto che si è stati in case intatte e non bombardate o crollate. A noi è stato chiesto di starsene su un divano, non tra le macerie. È angosciante, semmai, che tuttora ci sia ancora chi è contrario alle vaccinazioni: si era meno viziati e c’era più buon senso nella seconda metà del secolo scorso, rispetto ad oggi? La pandemia attuale ha fatto flagelli ovunque, eppure c’è sempre un gregge di negazionisti che per qualunque cosa trova il pretesto, patetico, di mettersi in mostra. Si fidano dell’aereo su cui volano, di ciò che si fa nelle cucine dei ristoranti, della sicurezza dei veicoli all’idrogeno, ma non dei medici dell’Oms: è logico? Siccome non si può sapere tutto, dove non si è competenti bisogna pur fidarsi di chi ne sa di più di noi, e io, in questo caso, preferisco fidarmi di un medico che non dei personaggi televisivi, del cittadino qualsiasi (seppure abiti a Bergamo) e dei politici. Il calo dei morti è dovuto a due soli fattori: le vaccinazioni e le distanze.

Secondo il 55° Rapporto Censis (del 2021) il 5,9% degli italiani sostiene che il Covid 19 non è esistito, il 10,9% dichiara che il vaccino è inutile, il 5,8% è convinto che la Terra sia piatta, il 19,9%, crede che il 5G sia uno strumento per controllare le persone e il 10% è sicuro che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna. Numeri choc, che purtroppo la dicono lunga su come – oggi – siamo messi. C’è da preoccuparsi? Altroché. Mi sa che ormai si dubita perfino che noi discendessimo dalle scimmie, ma si è stati creati dall’oggi al domani in un paradiso terrestre con un impasto di terra (a dire che è ridicolo è troppo poco). Chissà come mai si crede di più alle panzane bibliche e religiose, che non agli scienziati: io la risposta ce l’ho… e non è bella.

C’è un’altra cosa che fatico parecchio a comprendere. Se su 1.000 scienziati 998 sostengono una teoria e 2 soli ne sostengono una opposta, chi ha un po’ di sale in zucca non darebbe alcun peso a quei due, bensì agli altri. Eppure, sembra strano, i complottisti danno grande enfasi a quei due (magari semplicemente in cerca di notorietà, perché le sparano grosse seppure siano teorie alquanto discutibili). E la cosa si estende per tutto, sia che si parli di cambiamento climatico, sia delle pandemie, sia del testamento biologico di fine vita, sia dello ius soli, sia dell’energia rinnovabile, sia dei veicoli elettrici, sia dei flussi migratori, sia del limite del pagamento in contanti, sia di qualsiasi altra cosa. A quanto pare una gran parte dell’umanità ama chi ragiona con la pancia anziché con il cervello… e i fatti lo dimostrano. Se nei millenni si fosse usata più la testa che la pancia vivremmo meglio. Soffermandomi un attimo sulle batterie dei veicoli elettrici, l’errore comune che si fa è catalogarle irremovibilmente al tempo presente come se non ci fosse uno sviluppo successivo. È un gravissimo errore misurare le innovazioni moderne pensando che saranno sempre così. Eppure basterebbe rammentare gli sviluppi tecnologici dell’umanità per rendercene conto che il progresso è sempre in evoluzione. Le prime automobili al confronto d’oggi facevano tenerezza, e che dire dei primi computer, dei primi telefonini e via di seguito? Oppure delle prime batterie per le biciclette e l’elenco non finirebbe mai. Poi, tutto a un tratto, si è convinti che i veicoli elettrici rimarranno all’infinito come sono oggi e non miglioreranno mai. Ma perché? Perché solo in questo caso? Lo smartphone che adesso usiamo tutti è nato così al primo colpo? Perché, mi domando, l’impazienza è solo per i veicoli elettrici e non per altre cose? Chissà come mai in Europa siamo il popolo più avverso all’elettrico? Non ci si pone la domanda che forse noi subiamo valanghe di false informazioni solo per favorire qualcuno? Lo stesso discorso, per esempio, si potrebbe fare per l’avversione alle energie rinnovabili dove, magari, ci sono forti interessi (anche delle Banche) affinché primeggi l’energia fossile. Non facciamoci infinocchiare, perché poi avremmo tutti da perderci.

A me piace discutere solo quando ci sia apertura di pensiero e non demagogia, figlia di un populismo irrazionale. Per esempio nutro dei forti dubbi che l’euro di per sé sia una cosa negativa. Pensate che con la lira noi non saremmo andati in bancarotta in questi anni, con la crisi così forte? Se ci fosse stata la lira in questo lungo periodo di crisi internazionale avremmo già fatto la fine dell’Argentina, dove i soldi in Banca erano diventati carta straccia. Ammettendo che l’euro non sia la panacea di tutti i problemi, qual è la sua alternativa? Non di certo tornare alle vecchie monete. L’euro, giriamola come si vuole, ha fatto da paracadute. È evidente che in certi casi la moneta europea non funzioni bene e c’è qualcosa che non va, ma pur riconoscendo che adesso non sia perfetta questa situazione creatasi me ne guardo bene dall’ascoltare le sirene sovraniste che ci affosserebbero. L’euro – e l’Europa unita – sono delle cose incompiute… e c’è ancora da lavorarci bene, affinché non ci si trovi tutti a gambe all’aria con il loro rinnegamento. Mettiamoci in testa che noi italiani siamo vulnerabili e perciò sarebbe da incoscienti fare i gradassi. C’è da riflettere prima di spaccare tutto.

Negli anni Settanta/Ottanta e inizio Novanta dell’altro secolo l’inflazione viaggiava a due cifre. Io, quando feci il mutuo per l’acquisto della casa, trovai un tasso d’interesse del 16%: avete capito? Ditemi dove, oggi, si ha un interesse così alto? E guardate che altri avevano trovato, in quello stesso periodo, tassi del 18%: oggi sarebbero tassi da usura. Io, nato nel 1952, non sono un nostalgico del passato e tutto questo decantare quegli anni lontani lo trovo miope: il rammarico che ho di quel periodo è l’età anagrafica, oltre alla bellissima musica. Allora c’era l’abito della domenica, da non mettere mai nei giorni feriali, e la mentalità provinciale chiudeva e limitava ogni iniziativa. Adesso diversi miei coetanei si atteggiano a fighi nel rimpiangere un passato (più fantasticato che reale): si usa la tecnologia di oggi per rivendicare i decenni passati quando non c’erano smartphon, computer, navigatori satellitari e così via. Ci scommetto che molti di loro in questo periodo non farebbero neppure una vacanza senza il proprio Google Maps o cose analoghe. È facile rimpiangere il passato con la pancia del presente e, se mi si permette, mi vengono a noia tutte queste litanie di continue lamentele. Io preferisco l’attuale periodo, nonostante tutti i suoi difetti, piuttosto che quello degli anni Sessanta e della prima metà degli anni Settanta dove per di più c’era meno informazione di oggi, essendoci un solo telegiornale di marchio democristiano-governativo e basta. 

Con ciò, sia chiaro, lo ribadisco per evitare equivoci: capisco che non tutto funzioni a meraviglia e c’è parecchio da lavorarci ancora, però non concepisco che sia tutto da buttare: migliorare, semmai. Circolano voci che pagando con la Carta di Credito ci sia da pagare in più che con i contanti. È una balla colossale: io con la Carta di Credito prenoto treni, alberghi, voli aerei, pago nei supermercati, in farmacia, dal dentista, per le visite mediche, per i tragitti autostradali e il carburante… senza sborsare un solo centesimo di commissione. Niente di niente, seppur riconosco che le commissioni siano a carico degli esercenti anziché dei clienti: ma qui è lo Stato che dovrebbe intervenire, cosa che invece non fa. E tutti i pagamenti, bonifici bancari inclusi, io li faccio online davanti al computer senza mai pagare niente di commissione, che invece chi va in Banca paga. Del resto basterebbe vedere che cosa succede nel nord Europa, soprattutto nei Paesi Scandinavi, dove lì non si usano quasi ovunque i soldi in contanti e, guarda caso, lì l’evasione fiscale è quasi inesistente… al contrario di noi che siamo al 1° posto in Europa. L’evasione fiscale mi fa incazzare parecchio, a voi no?

Certo, noi abbiamo tanti problemi – il mondo del lavoro, l’enorme evasione fiscale, la Giustizia di parte e mal funzionante, la burocrazia ottusa che scoraggia ogni iniziativa, i puntuali condoni sia edilizi sia fiscali, gli inconcepibili tagli alla scuola e alla sanità –, ma è lì che bisogna focalizzare le nostre attenzioni. È inutile, oltre che dannoso, star dietro a frottole grosse come macigni… per poi farci sfuggire sotto il naso tutti i diritti acquisiti dal dopoguerra agli anni Settanta dell’altro secolo. Diamo più importanza alla pagliuzza che non all’intera balla di fieno e, infatti, ne vediamo le conseguenze. Ai qualunquisti ricordo che quando si fa dell’antipolitica, in realtà si fa politica… che lo si voglia o no.

Vedendo certe trasmissioni televisive ho scoperto di essere ricco, perché degli esperti dichiarano che chi vive a Milano per forza di cose dev’essere ricco. Davvero? Di certo c’è che sui costi sia degli affitti sia degli acquisti delle case, è risaputo che Milano abbia quelli più alti d’Italia: è sacrosanto. Detto ciò a me non sembra che in questa mia città ci vivano solo gente ricca, come non sembra al mio vicino di casa e anche ad altri che conosco. Senz’altro ci sono parecchi ricconi a Milano, ma di certo non sono la maggioranza… tutt’altro. È un luogo comune scialbo e tedioso, tipico di chi vuole arruffianarsi, come lo è altrettanto sentenziare che in Italia ci siano gli stipendi addirittura più bassi di tutta l’Europa. Che vadano a dirlo a quelli dell’Europa dell’est... che vadano a informarsi. D’istinto chi blatera e urla m’insospettisce e non mi convince. Considero invece che in Polonia lo stipendio medio mensile è poco più di 700 euro. Nell’Europa occidentale la Grecia sta peggio di noi. Quante sono le nazioni che stanno meglio di noi, nel mondo? Germania, Svezia, Olanda, Norvegia, Danimarca, forse il Canada... non riesco a usare tutte le dita di entrambe le mani. Se prendiamo la ricchezza del mondo e la dividiamo per i suoi abitanti, noi italiani abbiamo circa quattro volte quello che ci spetta. Oltretutto perfino quelle pochissime nazioni che sul piano socio-economico sono migliori di noi, non hanno una cosa che ci fa gioire: abbiamo il miglior clima meteorologico europeo, e non è una cosa da poco. Paghiamo però il dazio per essere il Paese europeo più a rischio sismico, assieme alla Grecia e alla regione balcanica: non si può avere tutto. Il discorso cambia in maniera radicale per chi è laureato, perché qui si notano forti carenze italiane che fanno sì che diversi nostri universitari debbano cercare fortuna altrove. In questo caso da noi non funziona, peccato.

A quanto pare per alcuni l’Italia ha bisogno del ponte sullo Stretto di Messina; non infrastrutture, nuove scuole, salvaguardia del territorio, aiuti economici ai bisognosi. Buttare un sacco di soldi per un ponte, in un territorio altamente sismico, con il trovarsi poi in Sicilia che ha una viabilità appartenente a epoche lontane… sa tanto di una presa per i fondelli. I casi sono due: o l’Italia è ricchissima e si può permettere ogni spesa folle (e superflua), oppure siamo dei ciarlatani. Io propendo per la seconda. La cosa più ridicola è accostare questo ponte con la messa in opera dell’autostrada del Sole, quando diede un enorme impulso ai trasporti, determinanti per un florido commercio esteso. È un abbaglio, perché si tratta di due cose del tutto diverse: l’autostrada del Sole non ha niente a che vedere con questo progetto del ponte. Per di più si tratta di un progetto vecchio di una dozzina d’anni, senza fare nessun test tecnico, come reggere l’impatto con i forti venti che in quella zona sono tutt’altro che marginali. Non sono state condotte le classiche prove sulla tenuta di impalcati e altri componenti delle opere stradali in cemento e acciaio, che di norma sono richieste ovunque. Niente “crash test”, ispezioni tipiche di ponti e viadotti, prove di impatto di veicoli contro barriere di sicurezza stradali e attenuatori ferroviari: insomma la sicurezza di strade, autostrade e ferrovie. Si fa notare che nessun ponte al mondo così lungo disponga della rete ferroviaria, considerata molto a rischio ovunque… tranne che da noi. E a questo punto mi chiedo: coloro che sono favorevoli alla costruzione del ponte, sono magari gli stessi che hanno fatto casino quando è crollato il Morandi a Genova? Sempre questi signori si fideranno ad andare su quel ponte? È facile fare gli entusiasti per poi dare la colpa agli eventi straordinari qualora dovessero verificarsi problemi. Eh, già; c’è chi ha considerato la disgrazia della diga del Vajont un’eventualità imprevedibile e non una conseguenza sul come si è operato. E ciò che capitò al Vajont c’è una forte probabilità che possa capitare (in una forma diversa) anche su quel ponte. Se penso ai vari viadotti crollati o lì lì per crollare, io qualche preoccupazione per questo ponte ce l’avrei. Chi è favorevole alla costruzione del ponte sullo Stretto si rende almeno conto di quanto sia ipocrita? Ai siciliani serve ben altro, non quel ponte. Una domanda: la priorità è il ponte? Sì, ma solo per le cosche mafiose… mentre per chi non si fa incantare è solo una pirlata.

Oggi sembra che si deleghi internet per apprendere le cose, senza sforzarsi né di indagare sulla provenienza delle fonti né di ricordare anche le nozioni più basilari. Nell’epoca attuale c’è l’aumento dell’analfabetismo di ritorno (o, se si preferisce, quello funzionale) coinvolgendo addirittura quasi la metà della popolazione italiana. Detto in maniera sbrigativa, molti sono affetti da illetteratismo: riescono sì a leggere e a scrivere, nel senso che non sono degli analfabeti, ma padroneggiano male le competenze di base quali leggere, scrivere e fare calcoli. Hanno frequentato la scuola obbligatoria, ma dopo il percorso scolastico è affiorata un’incapacità di capire ed esprimersi, dovuta anche a problemi familiari e sociali. Se, invece, dopo il periodo scolastico si fosse tenuto vivo il cervello, anziché impigrirlo, non saremmo a queste condizioni. Oggi ci sono i social networkWhatsApp e simili, che velocizzano la comunicazione ma allo stesso tempo la semplificano, la espongono in una forma assai schematica e succinta. Le frasi, infatti, sono troppo striminzite con la costruzione che è sempre più all’acqua di rose e depauperata. Attenzione; questo non vuol dire che la tecnologia sia un male ma è l’uso che se ne fa che può provocare danni, non l’oggetto. D’altro canto anche l’abuso di zucchero può uccidere, ciò non toglie che usato con parsimonia possa rendere gradevoli il tè e il caffè. Rimanendo in tema, quale consiglio dare? Leggere e scrivere spesso, anche a mano.

Internet non è tutto un paradiso ma è pieno di tantissima spazzatura. Ovunque c’è sempre qualcosa che non va. Sul web ormai circola tanta falsità con informazioni apposta errate per confondere. Ormai sul web passa di tutto, dal Tal Dei Tali che è (falsamente) benefattore, alla fine del mondo imminente, ai terrapiattisti, e a tutto il resto. Uno si sveglia al mattino e chiede a sé stesso: che bufala spariamo oggi? Poi sulla buona educazione, anche a fronte di opinioni che non coincidono con le nostre, purtroppo Facebook è pieno di questi casi. È vero, abbondano false notizie, offese e insulti, bestemmie, incitazioni al fascismo, all’odio e alla violenza, alla denigrazione, al negazionismo. Io penso che quando si ha a che fare con queste persone meschine, sia meglio colpirle in una maniera inaspettata; come? Con l’ironia che li disarma. Ciò che salva l’individuo dal degrado è la cultura e il buon senso, oltre che il dubbio. Bisogna però essere allenati a questo, in caso contrario è difficile cogliere le differenze.Il populismo nero sta di nuovo affilando le armi e spetta a noi far sì che non diventi una catastrofe: diffido di chi ha la verità in tasca e penso che chi grida attenti al lupo, di solito è il lupo. Almeno il 48% degli italiani vorrebbe l’uomo forte al potere, ma se l’avesse provato non credo proprio che lo desidererebbe... salvo che sia stato il cane da guardia. E poi, ammettiamolo, quando mai un uomo forte al potere abbia migliorato la vita di un popolo? Semmai è il contrario… e gli esempi non mancano, cominciando da quelli italiani. L’applicazione delle leggi razziste del 1938 in Italia non fu un incidente di percorso, ma la conseguenza di una politica di odio e di violenza scatenata da un uomo forte al potere: non scordiamolo. Come non va altresì scordato che in quella stessa epoca buia la donna lavoratrice era etichettata immorale e dannosa per la famiglia. Pertanto gli uomini della provvidenza non servono, perché fanno solo danni e i propri interessi. Io mi chiedo, chi possa amare e desiderare la dittatura? È una prerogativa delle persone misere e insignificanti, che cercano una rivincita contro una loro esistenza scialba e avida.Per ultimo mi si permetta un’osservazione sull’incoerenza di certi maschi che a parole si dichiarano contro i femminicidi ma poi, nel concreto, non si risparmiano gli apprezzamenti sui manifesti o sulle pubblicazioni in cui spadroneggia la figura della “donna oggetto”. A voi domando: non vi sentite ipocriti? No? Allora se non lo capite, il problema è grosso.

domenica 26 giugno 2011

A domanda, Giorgio Càeran risponde


Questo mio nuovo Blog me l’ha suggerito, il 18 giugno 2011, Cristina Borghi, allorché in un commento (il 45° di questa serie) sul Blog Viaggi, libri e curiosità, mi scrisse: <<…ti lancio un’idea. Le domande e le risposte di tutti i commenti qui messi (spero di esserne incluso anch’io) sono piacevoli da leggere, che ne dici di raggrupparli tutti in un apposito blog? Scusa la presunzione, avrei anche un titolo da proporti: “Lettere dal Blog”. OppureDomande e risposte – Giorgio Càeran”; o “A domanda, Giorgio Càeran risponde”. Ti piace l’idea? E i titoli?>>
Lì per lì mi ha sorpreso, poi mi sono detto: e perché no? A seguito di ciò, mi butto in questa nuova esperienza e vediamo cosa succede… mal che vada, se non piace, questo Blog lo soffoco e l’abbandono. Il timore, fondato, è se sia sensato fare un Blog del genere che campa esclusivamente sui commenti di un altro Blog. Ciò non toglie che, eventualmente, i commenti possano continuare anche su questo. A ogni buon conto, i commenti hanno un preciso ordine cronologico con tanto di date registrate, e prendono anche gli eventuali commenti di altri Blog a me collegati.